
… e così, dopo mille peripezie, con l’aiuto di un mentore saggio e canuto, l’eroe entrò nella caverna più buia, sconfisse il mostro, e tornò al suo villaggio con l’elisir magico, salvando i suoi abitanti e sposando la principessa bella e aggraziata….
State pensando che, dopo un inizio a suon di horror e thriller, io abbia deciso di darmi alle fiabe? E state pensando pure che, come tipo di storia, quella scritta sopra è qualcosa di vecchio, che nessuno si sognerebbe mai di proporre nel ventunesimo secolo?
Bene, la risposta alla prima domanda è no, non ho alcuna intenzione, al momento, di addolcire i toni dei miei scritti.
Invece, la risposta alla seconda domanda… è sempre no. La trama di storia accennata non è per niente vecchia, se per vecchia si intende datata in senso negativo. E, mi dispiace dirvelo, viene riproposta in continuazione, sia in letteratura che al cinema. Lo sbirro novizio che arresta il boss criminale grazie all’aiuto del collega prossimo alla pensione; il timido ragazzo, supportato dall’amica del cuore, che conquista la ragazza dei suoi sogni; un gruppo di ragazzini, facendosi da spalla l’un l’altro, entrano nelle fogne e sconfiggono il mostro (ve l’ho già detto, che amo Stephen King?).
Quello a cui vi ho appena accennato, ma che richiederebbe un articolo a parte (più di uno, in realtà), è quello che nel campo della scrittura, narrativa e cinematografica, si chiama “Viaggio dell’eroe”. Ma prima di addentrarmi in questo argomento, voglio partire ancora prima, e parlare dei personaggi, che si muovono e vivono all’interno di queste storie.
L’eroe, il mentore, il mostro (o ombra) e molte altre figure ancora, sono quelli che vengono chiamati “archetipi”. Se a questo nome voi state pensando alla psicologia prima che alla scrittura, fate bene. La connessione tra le due materie è non solo indissolubile. Secondo me, stiamo parlando esattamente delle stessa cosa. Almeno riguardo alle storie scritte bene.
Ma cosa sono questi archetipi? Sono dei modelli, di comportamento e di modi di essere. Sono modalità di sentire e di reagire, che fanno già parte di noi al momento della nostra nascita. Questi modelli, questi simboli, si trovano dentro all’inconscio collettivo, la mente psichica comune a tutte le persone del mondo. Cosa vuol dire, questo? Una persona, o un personaggio, che si sacrifica per il bene del proprio popolo, verrà riconosciuto come “eroe”, stimolando una risposta emotiva ben precisa, da chiunque ne seguirà le avventure, che sia il mio vicino di casa o il mio amico Oscar, che vive in Messico. Ovviamente, tenendo conto delle differenze culturali. Infatti, questi modelli, verranno poi plasmati, dentro di noi, a seconda della cultura in cui viviamo, della famiglia in cui cresciamo, l’epoca in cui ci troviamo, le nostre esperienze di vita e così via discorrendo.
Un mondo straordinario, quello degli archetipi. A noi scrittori, ci aiutano a costruire storie che smuovono il lettore nella sua parte più profonda, quella sommersa. Quella più vera. A noi esseri umani, ci aiuta a comprendere noi stessi in modi che, solo con la razionalità, non riusciremo a portare alla luce. Leggere un romanzo, vedere un film, non è mai un’azione priva di conseguenze. Qualcosa di quelle storie ci rimarrà attaccato dentro, perché avrà trovato in noi l’incastro perfetto, come un puzzle. Penso che sarebbe interessante, e importante, esserne consapevoli.
Amando troppo l’argomento, scriverò altri articoli più approfonditi, sugli archetipi. Intanto, vi butto lì un nome (no, non è Jung): Jean S. Bolen…
Conoscevate già gli archetipi? Altrimenti, vi ho almeno un po’ incuriosito?