
Sono stata una scellerata.
Era il 2021, quando decisi che volevo riprendere a scrivere, e cimentarmi con un romanzo. In realtà, avevo già qualcosa di avviato nel “cassetto”, ma non me la sentivo di riprendere quella storia. Erano passati molti anni da quando l’avevo iniziato, e non ne ero già molto convinta allora. Era, è, un romanzo fantasy, ambientato in un altro mondo ma con ispirazioni dalla mitologia norrena (sempre stata in botta, con la mitologia). Forse era ancora troppo presto, e non avevo molto da dire.
Quindi, cosa scrivere? Non ne avevo assolutamente idea. Ripensandoci, non ero messa meglio rispetto al mio primo tentativo. Non avevo un soggetto, tanto meno una trama.
Molto spesso mi chiedono come nascono le storie che scrivo. C’è un’idea romantica dello scrittore che, mentre si sta facendo gli affari suoi, all’improvviso viene investito dall’Illuminazione (il maiuscolo è d’obbligo). Non è proprio così. Può anche succedere che arrivi l’ispirazione, solitamente sotto forma di domanda “E se…?”. Ma non è mai un pensiero sceso dal cielo. È qualcosa che, invece, ha radici molto profonde dentro di noi. È una somma di tutto ciò che vediamo, leggiamo, ascoltiamo. Che viviamo. I libri che leggiamo, i podcast che ascoltiamo, le persone che incrociamo, i film che guardiamo, gli eventi che ci accadono. Tutto si mischia, come una pozione magica, nell’oscurità del nostro inconscio, che è come un calderone (delle streghe, ovviamente). È da quel posto buio, che arriva la vera illuminazione.
Questo è successo il giorno in cui mi sono chiesta: “E se scrivessi di una donna, un po’ psicopatica, le cui uniche cose che vuole sono i soldi e il potere, anche a costo di mettere a repentaglio la sua vita?”. Mi è subito piaciuta, questa idea.
Non so se è cosi per tutti quelli che scrivono, ma io ho bisogno di vedermi la scena nella mia testa, come la scena di un film, per poter scrivere. Adesso che sapevo di chi volevo scrivere, avevo bisogno di vederla, vederla muoversi, e sentire la sua voce. Avevo bisogno di una fonte iniziale d’ispirazione, per l’aspetto estetico.
In quel periodo stavo guardando una serie tv noir, che mi piaceva da impazzire. Tra i vari personaggi femminili, c’era una che mi ispirava molto, sia per fisicità che per temperamento. Quindi l’ho “prelevata”, messa dentro un locale notturno, il suo, e vedere cosa succedeva. L’ho vista aggrapparsi al bancone di legno, in preda a una tremenda emicrania, sentendosi indebolita dal dolore ma cercando di nasconderlo. Anche perché, nel bar, stava entrando il cattivone della storia, imbestialito perché aveva scoperto che lei stava cercando di fargli le scarpe. L’ho descritto nei minimi particolari, rozzo e crudele, e mi ha messo i brividi mentre prendeva forma davanti ai miei occhi. Mi sono inventata un nome così, scelto a caso (per lui, a caso, lei sapevo per certo come l’avrei chiamata), e un probabile spicchio di storia, per far progredire lo scambio di battute. Ed eccola lì, Alice. Mi piaceva. Tantissimo.
Ma la mia eroina non aveva ancora una storia. E io gliel’ho costruita intorno. Letteralmente. Sono partita a scrivere, senza avere niente di niente in mano, solo un capitoletto di un paio di pagine. Lo ripeto, sono stata una scellerata. Ma, a quanto pare, ha funzionato. Il romanzo ha trovato un editore, e io sono molto fiera della mia creatura.
Per inciso, quelle prime tre pagine sono presenti nel libro. Sono a, circa, due terzi della storia. Se riuscite a capire quale sono, fatemi un fischio. Magari avrete voi, l’illuminazione, ed esclamerete “Ecco dov’è nata Alice!”.
P.s. quanto siete curiosi di sapere quale serie tv ha dato l’ispirazione per la mia Big City?