
Nell’articolo precedente, abbiamo parlato di Artemide, dea vergine della caccia e della luna, partendo dalla sua incredibile venuta al mondo. Questa volta parleremo di Atena, la cui nascita, a mio avviso, riesce non solo ad eguagliare, ma addirittura a superare quella della sorellastra, in termini di spettacolarità. Atena era la dea vergine della saggezza e dei mestieri. Stratega militare, veniva spesso rappresentata insieme ai suoi pupilli, Achille e Ulisse. Quando non era occupata a scendere in guerra, si occupava di tutti quei mestieri che necessitano di pianificazione e fine esecuzione. La dea, infatti, era la protettrice di tessitori, orafi, vasai e sarti.
Si narra che Atena fosse figlia di Zeus e della sua prima moglie, Metis, una divinità oceanica nota per la sua saggezza. Era stato predetto che la donna avrebbe dato alla luce due figli che sarebbero potuti essere un problema, soprattutto per l’ego smisurato del padre. Quando la dea rimase incinta, Zeus la rimpicciolì e la inghiottì. Dopo poco tempo, il megalomane padre di tutti gli dei cominciò a soffrire di forti emicranie. Chiamò in aiuto Efesto, che gli aprì la testa in due con un’ascia. Da quell’apertura, Zeus partorì Atena, che uscì fuori dalla testa del padre già adulta, con indosso un’armatura d’oro e una lancia in mano, emettendo un potente grido di guerra. Ve l’avevo detto che non era una dea priva di senso scenico, no? (per un’altra nascita sorprendente, dovrete aspettare l’ultima dea…).
Atena era una dea vergine come Artemide. Non ha mai sentito il desiderio di avere un uomo (dio, nel suo caso), di farsi una famiglia. L’unico legame stretto che aveva era col padre, che ammirava e idolatrava. Guai se qualcuno osava dire qualcosa contro di lui, anche se, il più delle volte, erano verità (per approfondire, leggetevi la storia di Aracne). A differenza di Artemide, lei non veniva mai sopraffatta dalle sue emozioni, ma la sua mente rimaneva lucida e calcolatrice, perché l’unica cosa che per lei contavano erano i fatti. Possiamo dire che, se Artemide rappresenta una dea vergine adolescente, Atena ne è la sua versione adulta.
Una bambina con un forte archetipo Atena sarà una bambina curiosa, rapida nell’apprendimento, avida di conoscenza. Crescendo, continuerà il suo onnicomprensivo apprendimento, puntando a perseguire in maniera eccellente i suoi obiettivi. Preferirà la compagnia maschile, trovando le altre ragazze sciocche ed emotive. In effetti lei sembra non essere in balia dei cambiamenti ormonali che investono le ragazze della sua età. Da adulta, l’unica cosa che le interessa è arrivare al successo nell’ambito da lei prescelto. Adeguandosi senza troppi problemi allo status quo, può tentare la scalata lei stessa, oppure essere il braccio destro di un uomo di potere, lavorando dietro le quinte. Un moderno Zeus, che potrà scegliere sia come mentore che come marito, perché per lei anche il matrimonio è un solo un altro tassello per la sua realizzazione professionale, non essendo particolarmente interessata alla sessualità.
Gli aspetti negativi della donna Atena sono la mancanza di empatia e solidarietà, la convinzione che “il fine giustifica il mezzo”, e quello che viene definito “lo sguardo di Medusa”, la sua capacità, negativa, di scandagliare freddamente le persone di fronte a lei e di pietrificarle. Per poter crescere e mitigare i suoi lati oscuri, la donna Atena dovrebbe innanzitutto rivolgere la sua attenzione dentro sé stessa, coltivando interessi “meditativi” che sono già presenti nella dea, come il cucito, la tessitura o la ceramica. Un altro passo che può compiere, per crescere, è quello di andare… indietro. Sviluppare la bambina che non è mai stata, avvicinarsi alle nuove cose non con la razionalità dell’adulto, ma con la meraviglia negli occhi. Anche la scoperta del femminile e del femminismo, può aiutare questa dea che non ha mai dato riconoscimento al ruolo della madre (Atena, la madre, non ce l’aveva proprio).
Se penso ai personaggi immaginari delle mie storie preferite, la prima Atena per eccellenza che mi viene in mente è Beatrix Kiddo, eroina in tuta gialla del film “Kill Bill” di Tarantino, interpretato da Uma Thurman. Beatrix è un’assassina provetta, che prova piacere nell’apprendimento delle tecniche del mestiere, metodica, votata all’eccellenza. È al soldo di Bill, mentore che lei stima come il suo Zeus personale, di cui diventa anche amante. Lei è entusiasta della strada che ha scelto, non ha ripensamenti, non si chiede neanche se sia giusto o no quello che fa. Finché … non rimane incinta. Ed ecco che arriva Demetra, a rovinarle la festa…
Un’altra Atena, di cellulosa, stavolta, è la protagonista del mio romanzo “Note di Jazz a Rainbow Street”. Alice vuole diventare il capo della criminalità organizzata, ambiente che più patriarcale non si può. Ma non vuole rovesciare lo status quo, non vuole fare da apripista alle altre donne, per niente. Questo fino a che… E, niente, dovrete leggere il romanzo…
Come avrete notato, nelle storie migliori si parte da una certa situazione di rigidità personale, con un solo archetipo troppo sviluppato e, spesso, anche poco compreso. Questo fino a che gli eventi che accadono non portano allo sviluppo di altre sfaccettature, di altri archetipi, che, prima portano scompiglio, ma poi , solitamente, a una presa di consapevolezza maggiore (o nessuna, nei finali tragici). Come nella vita.
Vi piace questa dea che io reputo molto affascinante? Vi ci ritrovate almeno un po’? Vi vengono in mente altri personaggi di libri e/o film con questo archetipo come predominante?