
Era il settembre del 2013, quando, scorrendo la pagina delle attività sponsorizzate dal comune della mia città, incappai nel “Corso di scrittura creativa di primo livello”. Non mi ricordo se era una notte buia e tempestosa, o se un lampo squarciò il cielo, o una qualsiasi condizione atmosferica utilizzata come cliché negli incipit di inesperti scrittori. O da Snoopy. Però mi ricordo come mi sentii. Emozionata, elettrizzata, incuriosita. Sapevo ormai da tempo che il saper scrivere non era uno dono sceso dal cielo, talento innato per i pochi eletti. Ma che, come tutti i mestieri, necessitava di studio e pratica. Fortunatamente, sul sito dell’associazione era presente il programma di studi. Lo lessi. E fu amore a prima vista.
Quando mi presentai alla prima lezione, avida di conoscenza e impaurita da questa, per me, inconsueta nuova esperienza, mi sono resa conta che, tutta quelle nuove nozioni, portavano alla nascita di una domanda cruciale: cosa scrivere? Perché non si può studiare scrittura, e non mettere in pratica.
A differenza di molti dei miei nuovi compagni, che avevano le idee chiare ancor prima di partire, io non avevo la risposta. Così, anche su suggerimento dell’insegnante, mi buttati sullo scrivere racconti.
Cosa volevo trasmettere, ai miei futuri lettori, con i miei brevi scritti? Stupore, pensai. Plot twist inaspettati, forti tensioni dovuti a situazioni ambigue, pure un po’ di sana paura. Così, impostai le mie narrazioni con queste finalità.
Io penso che i racconti, soprattutto se brevi, non lascino molto spazio alla caratterizzazione dei personaggi, proprio per la brevità che li contraddistingue. Penso siano un valido mezzo per far provare forti emozioni, oppure per dare visione di uno spaccato della società, in particolare con la scrittura di genere.
Premesso, io adoro leggere i racconti. Uno dei miei scrittori preferiti, ha scritto prevalentemente racconti, nella sua carriera (e, ahimè, vita). Per la cronaca, parlo di Richard Matheson. Dipende di cosa ho bisogno, di cosa ho voglia di leggere, e la mia scelta cadrà su una “lunghezza” rispetto a un’altra, in modo consapevole.
Sono molto fiera degli scritti che ho tirato fuori durante il mio primo anno di corso. Non avevo mai scritto niente, ed è stato molto emozionante creare storie che, prima, non esistevano. I miei racconti, alla fine, contenevano tutto quello che mi ero posta di far provare al lettore. Fuorché uno. In “Clara e gli incontri inaspettati” non ci sono tensioni o grandi colpi di scena. È la storia di un ragazzo mediocre, come si definisce lui stesso, e l’incontro con una ragazza stramba ma speciale. Non ve lo mando a dire, ma di tutta la raccolta, lui è il mio preferito.
Ti piacciono i racconti? Cosa cerchi, e cosa trovi, quando li leggi? Hai uno scrittore di racconti preferito?